venerdì 5 ottobre 2012

FACCIAMO FINTA CHE OGGI SIA DOVUTO ANDARE SUL SET DI UN FILM


Facciamo finta che oggi io sia dovuto andare sul set di un film.

Circa un anno fa, sempre per finta, ho fatto un provino.

Sempre per finta immaginiamo che a giugno mi chiami  la produzione di questo regista per andare in un albergo dove lo avrei incontrato per capire se la parte fosse stata  mia o meno. Arrivo per finta in questo finto albergo a 100 km di distanza e scopro che il regista ha pensato a me per ben due parti ma alla fine decide per un ruolo ben definito (ovviamente non quello per cui per finta feci il provino). Contento stringo la mano al regista e ci salutiamo non per finta ma, probabilmente  per finta, aveva detto che avrei girato entro luglio…per fortuna non è andata così perché così ho portato mia moglie e i miei figli in vacanza per davvero. Anche questa volta nessuna notizia dal set per cui ho pensato: vedi che a fare per finta i provini non si fanno i film neanche per finta. Ma sorpresa: pochi giorni fa squilla il telefono e, di nuovo per finta, mi convocano per girare il film. Un solo giorno di posa, “poco” ho pensato  “però dopo tanto tempo lontano mi avrebbe fatto piacere tornare sul set”…eppoi la parte era anche bella. Promettono di spedirmi il testo il giorno stesso ma (ovviamente) era una finta. Aspetto un giorno, due, infine mi decido a mandare il fatidico sms: “E le battute da studiare?” risposta: “ Scusaci, entro il pomeriggio te le mandiamo”. Incredibile ma vero: arriva la parte… sei pagine, dico sei pagine di monologo da studiare (per finta?) entro 24 ore, perché il giorno dopo (per finta?) avrei dovuto girare. Siccome è sempre per finta ometto di dire che vestiti e scarpe del personaggio me li sono dovuti portare io da casa. Inoltre sono andato a farmi sistemare i capelli per davvero. E così cominciai a studiare queste sei pagine di monologo. Mi dico anche se non mi ricorderò tutto benissimo non importa, è cinema, tutto sommato si può anche improvvisare, le battute restano più fresche.  La mattina di oggi  accompagno mio figlio a scuola,  bacio mia moglie e la bambina e ripetendo il soliloquio mentre sorpasso i tir mi reco con la mia macchina sul set dove incontrerò il mio personal-trainer. È si, perché anche se è per finta che oggi io sia dovuto andare sul set di un film, il personaggio è un vero istruttore al poligono di tiro e io devo interpretare lui. Lui nel senso proprio lui, il personal trainer, che mi forma su quello che devo dire è il mio personaggio. Così dalle 10.30 del mattino sino alle 15.30 io studio, gesti e postura copiando lui. Imparo come si maneggiano le armi come si mira e si spara….oltre a ripetere le sei pagine di monologo. Facciamo finta che alle 17 circa, dopo essere rimasto tutto il giorno in un ufficio container in mezzo al nulla sia arrivato il regista e la troupe e che senza dire ne “bi” e ne “ba” il regista, in un repentino slancio artistico, decide che la mia parte la farà proprio l’istruttore di tiro, il mio personal trainer,  e che io mi ritrovo a fare il suo allievo muto e le mie sei pagine di monologo le posso usare per fare gli origami a mio figlio perché non pronuncerò nemmeno una sillaba. Facciamo finta che oggi abbia dovuto fare la comparsa benché scritturato con ben altra qualifica. Facciamo pure finta che il regista ha sempre ragione anche quando gli viene fatto notare che non si è comportato giustamente nei confronti di una persona e di un professionista e anzi se ne frega perché il suo entusiasmo creativo non può essere fermato dalla logica di un comportamento eticamente corretto. E dunque si scusa (probabilmente senza neppure crederci un po’). Punto e amen.

Facciamo finta che io sia andato sul set del film rinunciando al minimo sindacale per un attore professionista perché il ruolo era se non altro interessante e non si limitava a una riga di testo. Certo sei pagine forse erano esagerate da studiare in così poco tempo ma qualche volta si può rinunciare al “sindacalismo”, no? Facciamo sempre finta che ne all’inizio delle mie riprese ne alla fine non mi è stato fatto firmare un contratto, una scrittura qualsiasi che attesti un rapporto di lavoro, che abbia dovuto anticipare tutti i soldi di tasca mia ( benzina, pedaggio autostradale, pranzo per me e per il mio coach, taglio di capelli per presentarmi credibile) e che spero sulla fiducia  mi pagheranno. Facciamo finta che me ne sarei voluto andare via ma visto che ormai ero li e non volevo fare “la prima donna” me ne sono stato buono e umile come se fossi stato al mio primo ingaggio nel cinema.

Facciamo finta che questo film sia il nostro Paese.

Un Paese che schiacciato dalla “crisi”, approfitta della manovalanza degli stagisti sfruttati e sottopagati (anzi, probabilmente per nulla pagati, tanto va tutto nel curriculum, no?) per mandare avanti la baracca, anche perché forse non può fare altrimenti. Un Paese che non riconosce più l’importanza dello studio e della professionalità, che non sa più guardare e riconoscere, ne gli interessa più probabilmente, chi ha davanti, che non sa più dare valore al tempo, non solo in senso economico, dove il mio lavoro lo può fare chiunque altro perché tanto è la stessa cosa. E allora sono io che preferisco fare altro perché è meglio.

Facciamo finta che ho scoperto che io sono esattamente come tutto il resto della maggioranza del popolo italiano che di fronte a soprusi, mancanza di rispetto della classe dirigente, che ci considera mucche da mungere perché tanto, come bovini mansueti non li incorneremo, resta immobile e accetta.  Mugugna si lamenta dentro le quattro mura di casa su un blog o su Facebook ma non si ribella all’ignoranza e al pressapochismo. Facciamo finta che oggi mi sono sentito umiliato e frustrato perché non ho voluto seguire il mio istinto e se l’avessi fatto ora mi sentirei molto meglio. Forse.

E’ proprio una “piccola patria” la nostra.

Ma per fortuna solo per finta oggi sono andato su un set…almeno così mi è parso…forse…

 

Vittorio Attene

 

 

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