Facciamo finta che oggi io sia dovuto andare sul set di un
film.
Circa un anno fa, sempre per finta, ho fatto un provino.
Sempre per finta immaginiamo che a giugno mi chiami la produzione di questo regista per andare in
un albergo dove lo avrei incontrato per capire se la parte fosse stata mia o meno. Arrivo per finta in questo finto
albergo a 100 km di distanza e scopro che il regista ha pensato a me per ben
due parti ma alla fine decide per un ruolo ben definito (ovviamente non quello
per cui per finta feci il provino). Contento stringo la mano al regista e ci
salutiamo non per finta ma, probabilmente
per finta, aveva detto che avrei girato entro luglio…per fortuna non è
andata così perché così ho portato mia moglie e i miei figli in vacanza per
davvero. Anche questa volta nessuna notizia dal set per cui ho pensato: vedi
che a fare per finta i provini non si fanno i film neanche per finta. Ma
sorpresa: pochi giorni fa squilla il telefono e, di nuovo per finta, mi
convocano per girare il film. Un solo giorno di posa, “poco” ho pensato “però dopo tanto tempo lontano mi avrebbe
fatto piacere tornare sul set”…eppoi la parte era anche bella. Promettono di
spedirmi il testo il giorno stesso ma (ovviamente) era una finta. Aspetto un
giorno, due, infine mi decido a mandare il fatidico sms: “E le battute da
studiare?” risposta: “ Scusaci, entro il pomeriggio te le mandiamo”.
Incredibile ma vero: arriva la parte… sei pagine, dico sei pagine di monologo
da studiare (per finta?) entro 24 ore, perché il giorno dopo (per finta?) avrei
dovuto girare. Siccome è sempre per finta ometto di dire che vestiti e scarpe
del personaggio me li sono dovuti portare io da casa. Inoltre sono andato a
farmi sistemare i capelli per davvero. E così cominciai a studiare queste sei
pagine di monologo. Mi dico anche se non mi ricorderò tutto benissimo non
importa, è cinema, tutto sommato si può anche improvvisare, le battute restano
più fresche. La mattina di oggi accompagno mio figlio a scuola, bacio mia moglie e la bambina e ripetendo il
soliloquio mentre sorpasso i tir mi reco con la mia macchina sul set dove
incontrerò il mio personal-trainer. È si, perché anche se è per finta che oggi io
sia dovuto andare sul set di un film, il personaggio è un vero istruttore al
poligono di tiro e io devo interpretare lui. Lui nel senso proprio lui, il
personal trainer, che mi forma su quello che devo dire è il mio personaggio. Così
dalle 10.30 del mattino sino alle 15.30 io studio, gesti e postura copiando lui.
Imparo come si maneggiano le armi come si mira e si spara….oltre a ripetere le
sei pagine di monologo. Facciamo finta che alle 17 circa, dopo essere rimasto
tutto il giorno in un ufficio container in mezzo al nulla sia arrivato il
regista e la troupe e che senza dire ne “bi” e ne “ba” il regista, in un
repentino slancio artistico, decide che la mia parte la farà proprio
l’istruttore di tiro, il mio personal trainer, e che io mi ritrovo a fare il suo allievo muto
e le mie sei pagine di monologo le posso usare per fare gli origami a mio
figlio perché non pronuncerò nemmeno una sillaba. Facciamo finta che oggi abbia
dovuto fare la comparsa benché scritturato con ben altra qualifica. Facciamo
pure finta che il regista ha sempre ragione anche quando gli viene fatto notare
che non si è comportato giustamente nei confronti di una persona e di un
professionista e anzi se ne frega perché il suo entusiasmo creativo non può
essere fermato dalla logica di un comportamento eticamente corretto. E dunque
si scusa (probabilmente senza neppure crederci un po’). Punto e amen.
Facciamo finta che io sia andato sul set del film rinunciando
al minimo sindacale per un attore professionista perché il ruolo era se non
altro interessante e non si limitava a una riga di testo. Certo sei pagine
forse erano esagerate da studiare in così poco tempo ma qualche volta si può
rinunciare al “sindacalismo”, no? Facciamo sempre finta che ne all’inizio delle
mie riprese ne alla fine non mi è stato fatto firmare un contratto, una
scrittura qualsiasi che attesti un rapporto di lavoro, che abbia dovuto
anticipare tutti i soldi di tasca mia ( benzina, pedaggio autostradale, pranzo
per me e per il mio coach, taglio di capelli per presentarmi credibile) e che spero
sulla fiducia mi pagheranno. Facciamo
finta che me ne sarei voluto andare via ma visto che ormai ero li e non volevo
fare “la prima donna” me ne sono stato buono e umile come se fossi stato al mio
primo ingaggio nel cinema.
Facciamo finta che questo film sia il nostro Paese.
Un Paese che schiacciato dalla “crisi”, approfitta della
manovalanza degli stagisti sfruttati e sottopagati (anzi, probabilmente per
nulla pagati, tanto va tutto nel curriculum, no?) per mandare avanti la
baracca, anche perché forse non può fare altrimenti. Un Paese che non riconosce
più l’importanza dello studio e della professionalità, che non sa più guardare
e riconoscere, ne gli interessa più probabilmente, chi ha davanti, che non sa
più dare valore al tempo, non solo in senso economico, dove il mio lavoro lo
può fare chiunque altro perché tanto è la stessa cosa. E allora sono io che
preferisco fare altro perché è meglio.
Facciamo finta che ho scoperto che io sono esattamente come
tutto il resto della maggioranza del popolo italiano che di fronte a soprusi,
mancanza di rispetto della classe dirigente, che ci considera mucche da mungere
perché tanto, come bovini mansueti non li incorneremo, resta immobile e
accetta. Mugugna si lamenta dentro le
quattro mura di casa su un blog o su Facebook ma non si ribella all’ignoranza e
al pressapochismo. Facciamo finta che oggi mi sono sentito umiliato e frustrato
perché non ho voluto seguire il mio istinto e se l’avessi fatto ora mi sentirei
molto meglio. Forse.
E’ proprio una “piccola patria” la nostra.
Ma per fortuna solo per finta oggi sono andato su un set…almeno
così mi è parso…forse…
Vittorio Attene